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Il Moscato di Saracena è prodotto dall'azienda agricola

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Moscato doppio mosto E’ quello di Saracena, in Calabria: perfetto da abbinare alla pasta di mandorle La ricerca dei prodotti da salvare sembra non esaurirsi mai nella nostra Italia,anche se parliamo di vino. Realtà antichissime,che mantengono una certa produzione in virtù soprattutto di un autoconsumo tradizionale, nascondendo tecniche umane ,varietà vegetali particolari e gusti rarissimi, da riscoprire. È il caso ad esempio del Moscato di Saracena, in Calabria: un vino che vanta citazioni negli scritti cinquecenteschi, epoca in cui viaggiava da Scalea verso la corte papale. Le particolarità di questo prodotto sono molte, a cominciare dalle uve di cui è composto: Guarnaccia, Malvasia, Odoacra (un vitigno molto profumato e aromatico) e il Moscato di Saracena. Quest’ultimo è autoctono, non è mai stato censito e non sembra essere né Moscato di Alessandria. né quello d’Amburgo: è già una bella curiosità, non vi è nulla di certo, ma il vitigno merita senz’altro una ricerca scientifica. È poi interessante il procedimento produttivo, che vede la partecipazione di due diversi mosti. Le percentuali tra le diverse uve possono variare sensibilmente, ma in genere prevalgono Guarnaccia e Malvasia, più una piccola aggiunta di Odoacra (che i calabresi in zona chiamano Odoraca). i grappoli appartenenti a questi tre vitigni, dopo la vendemmia, vengono pigiati subito e il mosto ottenuto è sottoposto a una bollitura. che lo riduce a un terzo: un procedimento che aumenta il grado zuccherino e quindi la quantità d’alcol presente nel prodotto finale. Il Moscato di Saracena, invece, dopo la raccolta è appeso a graticci ombreggiati e fatto appassire per 20 giorni circa. Una tecnica antica e ben nota, diffusissima in italia. che permette una grande concentrazione di zuccheri e aromi. A questo punto, manualmente (e generalmente sono mani femminili) vengono selezionati gli acini più belli, eliminando quelli con muffe indesiderate e altri difetti. Segue una pigiatura estremamente soffice, a mano, da cui si ottiene il secondo mosto. I due mosti, quello “passito” e quello “cotto”, vengono poi uniti in modo da generare una fermentazione assolutamente naturale (bastano i lieviti presenti nelle uve) c:he dura fino a due settimane. Dopo due o tre travasi - e circa sei, sette mesi di tempo- si arriva all’imbottigliamento. Sono poche le aziende locali che fanno ancora questo vino, la produzione resta prevalentemente casalinga e la qualità media del Moscato di Saracena non è ancora di altissimo livello. Ora i produttori si sono riuniti per cercare di sperimentare soluzioni che consentano di migliorare il vino, magari trovando un enologo interessato al progetto e aumentando la percentuale di uve Moscato sul totale (puntando anche alla registrazione del vitigno autoctono). Il vino è color ambra, davvero intensamente profumato, elegante in bocca e con una discreta persistenza. Non è particolarmente adatto all’invecchiamento, non supera i due anni, ma è sempre perfetto per l'abbinamento - oltre che con i classici da vino liquoroso - con la sontuosa pasticceria secca calabra: la pasta di mandorle o i “bocconotti di pastafrolla e marmellata d’arance, per esempio. Aggiungete il Moscato di Saracena alla lista dei prodotti da salvaguardare e portare in palmo di mano nel nostro Paese: una lista sempre aperta, che non smetterà mai di riservarci sorprese e soddisfazioni.  

Moscato di Saracenaa è un vino passito.

Il Moscato di Saracena è un vino sopravvisuto grazie a tradizioni familiari e racconta di una storia più che centenaria della tradizione della Magna Grecia e Mediorentiale del territorio dove nasce.

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La ricetta del moscato saracena.

L’uva moscatella va tagliata molto prima della vendemmia e va appesa ad essiccare. Alla vendemmia, poi, si prende 1 quintale di mosto badando che sia soltanto il primo fiore ed avendo cura che si tratti di mosto ricavato da uve pregiate quali lacrima e malvasia. Si mette, quindi, a bollire il mosto, lo si schiuma e lo si fa ridurre di un terzo. Intanto si prende l’uva moscatella apposita, nella quantità di almeno 15Kg. per quintale di mosto; si staccano gli acini dal graspo, si schiacciano e si mettono nella botte nella quale si versa il mosto, che, nel frattempo si è alquanto raffreddato. Esattamente dopo 24 ore si versa nella stessa botte un secchio di mosto crudo per agevolare la fermentazione. Nel mese di gennaio il dolcissimo e profumato nettare sarà pronto. Da un manoscritto datato 1910 trovato in una cassapanca

La vinificazione soffice di guarnaccia e malvasia si accompagna e concilia con il moscato raccolto anzitempo e lasciato appassire, con premura e pazienza, per conferire quei tratti di colore, aroma e gusto che rendono questo Moscato di Saracena unico.

Per realizzare questo Moscato di Saracena si adotta un procedimento antico, fatto interamente a mana, per ottenere un raffinato e delicato vino moscato da meditazione, che si accompagna ai momenti di incontro, di festa e anche di pause ristoratrici.

Feudo dei sanseverino saracena Vino moscato passito al governo di saracena, prodotto dall'Azienda Vinicola Feudo Dei SanSeverino Saracena, Cosenza, Calabria.

Vino Rosso Gaglioppo, prodotto dall' Azienda Vinicola Feudo Dei Sanseverino Saracena, Cosenza, Calabria.

Vino Rosso Donna Marianna, prodotto dall' Azienda Vinicola Feudo Dei Sanseverino Saracena, Cosenza, Calabria.

Storia del Moscato saracena

E’ stato sempre così. Senza andare troppo lontano, il prodotto e la sua bontà venivano citati da Norman Douglas, che, nel 1915, in “OId Calabria”, recita: “Molto vicino sorge il prospero paese di Saracena, famoso fin dai secoli passati per il suo Moscato. Lo si ottiene dall’uva portata dai saraceni da Maskat”... Mentre qualche anno prima, nel 1901, George Gissing in “By the lonian Sea” scrive: ‘i remenber only, as at all worthy of Sybaris, a palatable white wine called Moscato di Saracena. Appropriate enough amid this vast silence to turn one’s thoughts to the Saracens, who are so Iargely answerable for the ages of desolation that have passed by the lonian Sea”... Sulla tavola dei Pontefici romani, nel secolo XVI, troviamo il “Moscato di Saracena”, molto richiesto e gradito, che il Cardinal Sirleto faceva spedire per nave da Scalea e che a pieno titolo entrò a far parte dell’enoteca pontificia.

Feudo dei Sanseverino

Passione e.......sogni, storie, territorio, paesaggi, cultura e tradizione. Bere un vino non è un piacere che sollecita solo il gusto ma può essere un emozione, un'esperienza, un piacere che colpisce l'anima.

Il Feudo dei Sanseverino è un’esperienza che nasce da una grande passione per il vino con la la volontà di valorizzare una tradizione antica, erede di una cultura che ha arricchito tutta l'Europa, e da una grande fiducia nelle potenzialità di un territorio che troppo spesso ha portato sofferenza e miseria.

"Furono gli Enotri, stirpe che occupava le attuali regioni Basilicata e Calabria, a creare le basi della nostra enologia e i vitigni, tuttora coltivati, (come la Malvasia, il Greco e l'Aglianico,) furono importati dalle colonie greche (dall'VIII secolo a.C. in poi).In particolare è significativa, la proverbiale opulenza e la raffinatezza culinaria della società sibarita: bevevano molto i vini delle loro colline poiché ritenevano essere un ottimo antidoto contro il caldo eccessivo. Conferma Ateneo (nel suo "Deipnosophiste") che il sibarita cominciava a bere prima del tramonto e finiva dopo il sorgere del sole. I vini erano ottimi e locali e mentre ad Atene venivano tagliati con acqua di mare o altre essenze, essendo i vini calabresi abbastanza liquorosi e profumati, il procedimento prevedeva, in alcuni casi al vin cotto (cioè ridotto per bollitura) l'aggiunta di foglie di amarena, oppure uva passa."

L'azienda, una piccola realtà agricola, nasce nel Comune di Saracena, un paese arroccato sulle colline dei Monti del Pollino (oggi Parco Nazionale), Le sue vigne si trovano ad un'altezza tra i 250 e i 300 metri lungo i pendii a ridosso della pianura che ospitò l'antica città di Sibari.

I vitigni tutti completamente autoctoni, conservati intatti anche da un mancato sviluppo del territorio, sono il gaglioppo (chiamato dai vecchi aglianico e/o lacrima), la guarnaccia, la malvasia e il moscato.

Grazie ad un lavoro agricolo ormai scomparso, di una vinificazione artigianale e rispettosa del territorio e dei vitigni si produce il moscato di saracena, il gaglioppo e il donna marianna.

 

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